BREVI CONSIDERAZIONI SULL’ISLAMISMO
"Rari e felici i tempi in cui è permesso di pensare ciò che si vuole, e di dire ciò che si pensa" (Tacito, Historiae, I,1)
LA CRITICA NON CONOSCE TESTI INFALLIBILI (Ernest Renan)
L’islam è composto da una complessità e da una varietà
d’interpretazioni, correnti, etnie, scuole giuridiche, tradizioni locali,
gruppi religiosi (differenziati in Sunniti, Sciiti e altre minori sette, spesso
in conflitto tra loro per l’egemonia politica).
La cultura islamica condiziona il musulmano a una
perenne sottomissione ad Allah. Ogni azione compiuta dal musulmano deve
conformarsi alla volontà di Allah: al Corano rivelato al Profeta Maometto.
Azioni, abitudini, consuetudini, stili di vita, modi di vestire e di
alimentarsi, manifestazioni artistiche, ordinamenti politici e giuridici,
insomma, tutta la vita del musulmano deve essere perenne devozione ad Allah.
L'autorità politica e religiosa islamica fa derivare
il potere direttamente da Allah, non da una libera determinazione della volontà
contrattuale di una comunità. Il potere assoluto di Allah, inoltre, non può
essere soggetto a limitazioni. L'uomo educato alla razionalità, invece, non può
accettare che vi sia una Verità Unica, ma soltanto quella che egli coglie nei
limiti della propria ragione, indipendentemente da un'autorità religiosa.
Maometto non è stato l’ultimo profeta, come recita il
Corano. Altri sedicenti profeti, guerrieri o pacifisti, successori o meno di
Maometto, sono apparsi nel mondo a recitare farneticanti sproloqui che, in fede
loro, deriverebbero direttamente da pretese entità divine. Di profeti, messia,
incarnate divinità, carismatici e santoni di ogni tempo e luogo, l’umanità
dell’età della ragione e del sapere scientifico non ha bisogno.
L’attività di legislazione di carattere patriarcale,
intrapresa dal Profeta Maometto, influenzato dalle sue pluriennali visioni,
fatte credere di provenienza divina, è stata poi recepita nell’ordinamento
giuridico dei diversi stati di religione islamica. I principi desunti dal
Corano, essendo creduti parola infallibile di Allah, valida in ogni tempo e
luogo, non possono essere esplicitati in altre possibili interpretazioni. Ne
consegue che il testo coranico, scritto in epoca medievale, non sarebbe
suscettibile di modernizzazione. Ciò implica l’impossibilità di pervenire
almeno alla distinzione, se non alla separazione, tra Stato e credo religioso.
Ne consegue che la giurisdizione religiosa impedisce la formazione di una
legislazione laica, che si spinga di là della tradizione (c.d. “Sunna”,
contenente fatti e detti del Profeta) e di là dei principi normativi
indotti dalla credenza religiosa, fondata sulla sacralità di un sempiterno
testo, intangibile per gli infedeli, copia del prototipo celeste del Corano.
L’umana razionalità non può giustificare una cieca
obbedienza a un testo religioso, ritenuto sacro in forza di una credenza, con
la quale si presume che in esso siano stati trascritti comandamenti provenienti
dall’alto, cioè da una supposta, invisibile, immaginifica divinità, che
imporrebbe una pretesa assoluta autorità in tutti i campi della vita.
Manipolazioni interpretative del testo coranico, inoltre, possono determinare
comportamenti aggressivi nella convinzione di obbedire ad un presunto volere di
Allah.
Il terrorismo, come forma patologica di opposizione
politica all’interno e all’esterno dell’islam, è una sfida allo Stato laico. La
politica del terrore messa in atto dal sedicente Stato islamico “ISIS”
(altrimenti detto “Daesh”), si caratterizza per essere una forma patologica di
opposizione politico-religiosa. Il terrorismo è una sfida sia alla modernizzazione dell’Islam (vista
come infedeltà a una pretesa interpretazione ortodossa) sia alla civiltà c.d.
“occidentale”. In verità, se Allah fosse realmente un’entità esistente, non
avrebbe bisogno di canaglie per eseguire le sue sentenze contro chi ha opinioni
divergenti dalle sue. Allah, però – ci fa sapere Maometto, (sura 11, 118) – ha
consentito che ci fosse una pluralità di fedi religiose, escludendo vincoli di
obbedienza ad una sola fede (sura 2, 256).
Il principio di libertà religiosa e quello di libertà
di pensiero è stato recepito nella Dichiarazione universale dei diritti
umani (art. 18), proclamata nel 1948. Non pare che tali principi
siano stati ampiamente recepiti nella Dichiarazione islamica universale
dei diritti dell’uomo del 1981, dove sembrano prevalere
i diritti di stampo patriarcale della comunità musulmana rispetto ai diritti
delle donne e delle altre minoranze. Il principio coranico, che gli uomini
siano un gradino superiore alle donne (sura 2, 228), ad esempio, impedisce la
modernizzazione del diritto di famiglia e l’attuazione dell’effettiva parità
fra i due sessi.
Può un musulmano apostatare dalla propria fede?
Secondo alcuni versetti coranici, l’apostasia nuocerebbe soltanto all’apostata,
perché esso subirà l’eterno castigo nel fuoco dell’inferno. Altri versetti,
invece, sono interpretati a favore della pena di morte per l’apostata. Anche
nell’Antico Testamento (Dt 13), accolto dal cristianesimo, era sancita la pena
di morte per lapidazione, se falsi profeti, parenti e persino intere città
avessero apostatato in favore dell’idolatria. Tale norma biblica, per grazia di
Dio e volontà dell'uomo, è andata in desuetudine.
L’islamismo è un’ideologia che mira ad annullare le
fondamentali conquiste della modernità liberaldemocratica, come i principi
dell’intangibilità della vita, della libertà, della proprietà, della persona,
della parità dei diritti tra uomo e donna, costituzionalmente garantiti.
L’islamismo è l’ideologia cui s’ispira il Califfato: anacronistico modello
politico adottato dai successori di Maometto e caratterizzato da una concezione
assolutistica e teocratica del potere. Il Califfato, istituzione umana sorta dopo
la morte del Profeta al fine di realizzare l’unità politica e religiosa dei
musulmani e delle popolazioni conquistate con la guerra, impose la supremazia
della legge islamica dedotta dall’interpretazione del Corano. Il Califfo,
comandante in capo della comunità dei credenti, si auto-costituì come vicario
di Allah sulla Terra. L’odierno sedicente Califfato,"ISIS", votato a
difendere una sua interpretazione del Corano, diretta a qualificare l’identità
culturale-politica-religiosa dell’islam, e a imporre ciò che esso crede siano i
fondamentali sacri valori dell’islam, investe nella comunicazione mediatica in
forma particolarmente aggressiva e spettacolare, incidendo sull’immaginario
collettivo e demonizzando il culturalmente diverso allo scopo di legittimare
l’uso della violenza e la guerra su scala mondiale contro l’Occidente e i
musulmani modernisti. La conseguenza che ne deriva è l’esacerbazione
dell’incomprensione fra due civiltà e culture, percepite dall’una e dall’altra
parte come diverse o addirittura inconciliabili quanto alle visioni del mondo,
agli stili di vita, ai valori, ai fondamentali diritti umani. L’Occidente, sia
chiaro, non potrà mai rinunciare alla cultura liberale e ai diritti della
persona umana, duramente conquistati durante la sua lunga evoluzione storica.
L’islam radicale pare sia nato in Egitto con la
formazione del movimento populista dei Fratelli Musulmani, il cui programma
annunciava che il loro fine era Allah, il loro modello Maometto, la loro
costituzione il Corano, la loro via il jihad, la loro speranza il martirio.
Movimenti analoghi si formarono sia in Pakistan sia in India. Comune programma
di tali movimenti consiste sia nel re-islamizzare la società musulmana, che a
loro parere avrebbe deviato dalla fede originaria, sia nel combattere gli
infedeli che calpestano o meno il sacro suolo dell’islam. Il radicalismo
islamico, in nome della purezza della fede, nella sua lunga metamorfosi
storica, ha prodotto escrescenze composte da nuclei autonomi di combattenti,
disseminati per tutto il mondo, eccitati dall’obiettivo di raggiungere tramite
il martirio l’allettante Paradiso promesso da Allah e dal suo Profeta a chi si
priva della propria vita per uccidere infedeli e musulmani devianti. In verità,
ad essere deviante, data l’assenza di un’autorità religiosa gerarchizzata, è la
fanatica ortodossia degli islamisti, che vogliono obbligare tutto il mondo alla
sottomissione a un’altolocata pretesa divina sovranità e a vivere in un
ordinamento statale globale prettamente etico, disciplinato dal Corano.
Fanatismo e intolleranza contribuiscono a plasmare la mentalità e le coscienze
degli islamisti in modo forte e duraturo.
Testo fondatore dei vari fondamentalismi islamici è il
Corano. Gli islamici che si richiamano al fondamentalismo (cioè alla scrupolosa
osservanza del messaggio coranico) si autostimano come eletti che lottano
contro un mondo c.d. “occidentale”, corrotto dalla secolarizzazione e dalla
modernizzazione. Il loro scopo è l’abolizione del diverso, considerato come
nemico, nonché impedire, in opposizione ai sistemi giuridici e culturali
occidentali, la penetrazione nella umma musulmana, governata dalla sacra legge
coranica, di idee e principi propri della modernità. Nella concezione
fondamentalista, fede-cultura-politica coincidono, ossia sono interconnesse,
identiche. Il fondamentalismo non accetta né la laicità, ossia la distinzione
tra fede-cultura-politica, né tantomeno la loro netta separazione, cioè il
laicismo. E' estranea al Corano l'idea di una separazione tra sacro e profano,
tra religione e politica, tra stato e società: capo della comunità islamica è
Allah, la sua sacra parola è legge assoluta, sia etica sia politica.
L’ordinamento islamico, dunque, appare come formazione analoga al
totalitarismo.
Tutti i musulmani possono essere fondamentalisti
(indipendentemente dall’accettazione o meno dell’uso della violenza), se
considerano infallibili i loro testi sacri, se pretendono l’applicazione
integrale dei principi coranici, se ripugnano l’idea della laicità, se
auspicano l’instaurazione del califfato e l’unificazione delle varie comunità
islamiche sotto la sua guida, se si propongono di islamizzare il mondo intero.
Ne consegue che il musulmano, che risiede nei paesi occidentali, non può che
essere o fondamentalista (anche se non terrorista) o modernista (in quanto
accoglie la distinzione tra fede religiosa e ordinamento statale,
caratterizzato tra l’altro dalla tutela integrale dei diritti umani, ancorché
discordanti con la legge islamica). Se per un musulmano è impossibile l’accettazione
della laicità, egli resta intimamente fondamentalista, propenso ad ascoltare la
sirena del radicalismo ideologico e, peggio ancora, quella del terrorismo
suicida, plaudendo ai fratelli che si votano al martirio, motivati da un forte
dovere religioso e dalla garanzia di poter accedere direttamente in Paradiso,
dove Allah ha riservato per loro un posto privilegiato.
Le famiglie di religione islamica, immigrate negli
Stati occidentali, possono integrarsi soltanto se accettano effettivamente le
leggi e gli usi dello Stato che li accoglie. Hanno altresì il dovere di educare
i propri figli aiutandoli a distinguere l’ambito del culto religioso da ciò che
fa parte dell’ordinamento giuridico-culturale-laico dello Stato democratico in
cui vivono, dove tutti hanno l’obbligo di osservare le leggi vigenti. Una
simulata integrazione potrebbe esporre gli immigrati musulmani ad accogliere
acriticamente la propaganda degli islamisti integralisti, che propagano l’odio
contro i valori della civiltà occidentale con un linguaggio che tende a colpire
l’emotività piuttosto che il raziocinio. Occorre tenere presente che negli
stati di religione islamica la formazione educativa dei giovani, impartita fin
dall’infanzia, è di rigorosa osservanza religiosa, secondo precetti coranici
che delegittimano infedeli e atei e lasciano poco spazio a una concezione laica
della vita. Negli stati islamici è inconcepibile affermare il diritto ad essere
atei, pena la morte nell'aldiquà e l'inferno nell'aldilà. L’integrale
osservanza della religione da parte dei musulmani potrebbe quindi degenerare
nell’intolleranza e spingersi sino a prestare consenso a forme di proteste
violenti ed estreme contro il mondo occidentale. Su questo terreno fertile può
facilmente far presa la propaganda e l’indottrinamento del radicalismo
jihadista su giovani musulmani che non hanno ancora maturato una coscienza
critica. Decisiva può essere l’influenza delle famiglie e degli imam così detti
“moderati”, ancorché conservatori o tradizionalisti, nell’opera di de-radicalizzazione
della gioventù musulmana, educandola alla civile convivenza, alla tolleranza,
alla distinzione tra ambito temporale e ambito spirituale, all’accettazione del
culturalmente diverso e, quindi, dello stile di vita dei paesi occidentali che
li ospitano. Del resto, essere musulmano, ossia sottomesso alla legge di Dio,
non significa essere anche islamista, che si prefigge di lottare mediante
azioni terroristiche per instaurare una società islamica in cui applicare
un’interpretazione letterale e rigorosa, ancorché anacronistica, della legge
coranica. Lo scopo cui tende l’islamista integralista, infatti, è
l’islamizzazione della modernità estesa a tutto l’ecumene, totalizzando
l’ampliamento della c.d. “casa dell’islam” (dar al-islam o "casa della fede"),
tramite la sottomissione della "casa della guerra" (dar al-harb o
"casa della miscredenza").